Inghilterra, 1373. Una donna di circa trent’anni decide di vivere la sua vita reclusa dentro le quattro mura di una cella, adiacente ad una chiesa. Oggi questo ci può apparire assurdo, ma molte erano le donne che in quel periodo in Europa sceglievano questa forma di vita religiosa “alternativa” al monastero, che paradossalmente garantiva loro una grande libertà interiore: di pregare, di studiare, di essere guide spirituali.
Ma Giuliana di Norwich non è una reclusa qualsiasi. Compie questa scelta infatti dopo aver ricevuto 16 “Rivelazioni”, al culmine di una grave malattia da cui sembrava non dovesse uscire viva. Il contenuto di queste rivelazioni fu messo per iscritto da lei stessa in vent’anni di meditazione in un libro, il primo testo scritto in lingua inglese da una donna: “Le Rivelazioni dell’Amore Divino”.
Perno di questo amore è la Passione di nostro Signore che, nei vividi racconti di Giuliana, raggiunge una delle sue rappresentazioni più dure. Così il volto di Giuliana esprime la pace di chi possiede Dio perché ha partecipato fino in fondo all’incommensurabile dolore della Sua Passione. Questo è il volto che lei offre dalle tre finestre della sua cella: una finestra sulla via per parlare, confortare, guidare la gente di Norwich e chi la viene a cercare da lontano, una finestra per le donne che l’aiutano e una finestra sul Tabernacolo della Chiesa.
La sua presenza nella cella della Chiesa di Saint Julian è storicamente attestata da un’altra donna sua contemporanea, Margery Kempe, autrice di un’autobiografia, che riporta parte dei colloqui avuti con lei.
La visione di Giuliana sconvolge per chiarezza e modernità: viene svelato, come forse mai prima, il volto misericordioso e materno di Dio nella seconda Persona della Trinità, tema che sei secoli più tardi verrà ripreso da Giovanni Paolo I: “Noi siamo oggetti da parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. E’ papà; più ancora è madre….” (Angelus, 10 Settembre 1978).
Benedetto XVI, durante l’udienza del 1 dicembre 2010, presentò la figura di Giuliana: “Giuliana di Norwich ha compreso il messaggio centrale per la vita spirituale: Dio è amore e solo quando ci si apre, totalmente e con fiducia totale, a questo amore e si lascia che esso diventi l’unica guida dell’esistenza, tutto viene trasfigurato, si trovano la vera pace e la vera gioia e si è capaci di diffonderle intorno a sé”.
Attraverso dei flashback entriamo nel contenuto delle visioni che ebbe da giovane. Giuliana mette in luce l’aspetto più attraente della santissima Trinità. La Trinità, e in particolar modo la persona di Gesù, è tutto misericordia in Giuliana. “Tutto sarà bene” è una frase che ricorre spesso nelle rivelazioni e riassume bene la visione antropologica e teologica di Giuliana. Anche dal male, il peggiore che si possa immaginare, Dio trae il bene, persino dal peccato. E a confermare l’attualità di quanto Giuliana esprime ricordiamo come papa Francesco abbia indetto, a partire da novembre 2015, un giubileo dedicato proprio alla Misericordia di Dio.
La docufiction è arricchita con le interviste a suor Elizabeth Ruth Obbard, carmelitana, autrice di diversi saggi su Giuliana, lei stessa reclusa per alcuni anni ad Aylesford, nel Kent, a suor Pamela, che vive a Norwich proprio accanto alla chiesa di saint Julian, e alla prof.ssa Alessandra Bartolomei, dell’Università Gregoriana di Roma.
La docufiction, girata tra Norwich (Inghilterra), Roma, Viterbo e Ferentino (Fr), è stata scritta e diretta da Sara Binelli.
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