Sono iniziate le riprese della nuova docu-fiction interamente prodotta da CRISTIANA Video, sulla vita di San Camillo de Lellis.
L’ospedale è un luogo e un momento particolare. Può diventare realmente un inferno.
La differenza sta, del tutto o quasi, nelle persone che vi lavorano. Lo sa bene chi vi è passato.
E lo scoprì anche Camillo de’ Lellis, un soldato di ventura abruzzese, venuto a Roma, nel XVI secolo, per curare una piaga ad un piede che non gli permetteva di entrare in un ordine mendicante come sognava.
Perché Camillo dopo la morte del padre, dopo aver perso tutto, comprese le armi, al gioco delle carte, dopo aver provato l’umiliazione di chiedere l’elemosina davanti le chiese, si ravvede grazie a dei frati cappuccini e decide di cambiare vita. Ma come spesso accade, la vita non segue esattamente i nostri disegni e il ritorno di una vecchia piaga al piede gli impedirà di abbracciare la vita del convento.
Si sarà chiesto perché, perché il suo Dio, a cui voleva dedicare la vita intera, all’ultimo momento sembrava rifiutarlo. E siccome era un tipo testardo Camillo cercherà più volte, appena la piaga gli offrirà segni di miglioramento, di coronare il suo voto. Ma senza riuscirci. E allora c’è l’ospedale degli incurabili di S.Giacomo di Roma (oggi chiuso!) ad attenderlo.
L’ospedale del XVI secolo è un luogo senza speranza, per i disperati, perché chi può si cura in casa.
In più un morbo nuovo per quei tempi, la sifilide, falcidia la gente. “Nettare le lingue” per allontanare gli umori, le purghe, i salassi.. la medicina del tempo era impotente, la paura del contagio grande. Il risultato è che negli ospedali lavoravano spesso ex-galeotti, gente disperata, che per non morire di fame accettava qualunque lavoro. E questo è quello che vede Camillo. Vede malati bere la propria urina perché nessuno porta loro l’acqua, vede preti che non si avvicinano ai malati, meno che mai ai moribondi. Camillo guarito rimane a lavorare nell’ospedale e si impegna con amore a servire i malati. La sua dedizione si fa notare e diventa Maestro di Casa.
Con tale carica impone un nuovo modo di lavorare. Per la prima volta, con lui, si lavano i piedi ai malati prima di coricarli nei letti. Usa la sua autorità per cercare di convincere gli altri a lavorare con dedizione. Dove non riesce con le parole, ci prova con le punizioni corporali. Fino a quando comprende che deve costituire un gruppo di persone motivate che realmente vedano, come lui, Gesù nel malato. Cinque uomini condividono con lui questo sogno. Si riuniscono in preghiera, digiuni, flagellazioni, come si usava in quel tempo, ma soprattutto nella dedicazione totale ai malati.
Nasce così la congregazione dei Ministri degli Infermi, che attira subito centinaia di persone, sacerdoti e laici. Hanno trovato la loro strada per il Paradiso. Ma è una strada dura, in salita. Una nave spagnola attracca nel porto di Pozzuoli portando con sé la peste e subito viene mandato un gruppo
di Camilliani a soccorrere nel corpo e nello spirito quei malati inavvicinabili. E subito compaiono i primi martiri. Gli anni seguenti, già a partire dall’epidemia di peste che colpisce Roma nel 1590, vedono i Ministri degli Infermi in prima linea negli ospedali, nei campi di battaglia, accanto agli infettati, ai moribondi, a portare conforto, cure amorevoli “come una madre per il figlio”.
Questa è la storia di Camillo che verrà raccontata attraverso una ricostruzione cinematografica, con ricostruzioni degli ambienti della Roma del XVI secolo, unita all’intervento di p.Frank Monks, già Superiore Generale dei Ministri degli Infermi, attualmente responsabile del centro Camilliano di Kullikan, in Irlanda. L’intervista è stata registrata nella stanza della Chiesa della Maddalena, il Cubiculum, dove San Camillo morì il 14 luglio del 1614, e dove è conservata la reliquia del suo cuore.
Per scrivere questa sceneggiatura ci si è basati su incontri preliminari con p.Felice Ruffini biografo dei Camilliani, p.Franco Azzalli, già docente di Storia della Chiesa presso la Pontificia Università Urbaniana e su alcune biografie di S.Camillo, tra queste in particolare quella di p.Sanzio Ciccatelli, uno dei suoi primi compagni, e di p.Pantaleone Dolera che nel ‘700 l’ha arricchita con gli atti dei Processi di Canonizzazione.
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