Quando ci fu chiesto di realizzare un documentario su Santa Francesca Romana, non avremmo neppure saputo collocarla nella storia, tanta era la nostra ignoranza in proposito. Francesca era sicuramente di Roma, come tradisce l’aggettivo, che poi è divenuto nome esso stesso (il vero nome invece era Francesca Bussa, sposata con un Ponziani), ma nient’altro. I libri che abbiamo iniziato a sfogliare, le biografie scritte dai suoi confessori, tra l’altro veri testi di letteratura perché primi esempi di dialetto romanesco, ci portarono subito alla fine del ‘300, nel buio del medioevo.
E in effetti c’era poco da stare allegri. Ecco la Roma di allora, nella descrizione di Alessandra Bartolomei, docente della Gregoriana, che in Italia si può considerare la maggior studiosa della nostra santa, a cui ci siamo rivolti per un aiuto (ubi maior..): «Se chiudiamo gli occhi e pensiamo a quello che era Roma nel ‘300, dobbiamo pensare a tanti piccoli insediamenti rurali disseminati a distanza l’uno dall’altro, con orti, pascoli, vigneti. Per esempio a metà del ‘400 Vespasiano da Bisticci dice che nell’antico Foro Romano, che all’epoca si chiamava il campo Vaccino, ci stavano le pecore e i buoi e le mucche a pascolare indisturbate.» Roma di quest’epoca, con appena 17 mila abitanti, non regge il confronto con il suo glorioso passato, ma neanche con altre città italiane, Firenze, Siena, la stessa Milano. Ma perché tanta decadenza?
La risposta era abbastanza facile, un po’ la sapevamo, perché a scuola si studia il cosiddetto periodo avignonese: per sfuggire all’ingerenza delle potenti famiglie romane, viene eletto un cardinale francese che sposta la sede del papato ad Avignone, nel sud della Francia. Qui la professoressa sorrise, perché parlare di Santa Francesca Romana vuol dire parlare di un movimento di donne mistiche, profetesse, che in quel periodo, tra XIV e XV secolo, attraversa tutta l’Europa. Ricche e nobili ma anche semplici popolane, che hanno visioni, compiono miracoli, resuscitano cadaveri e osano parlare, gridare ai potenti della terra. I quali le ascoltano. La professoressa era chiaramente innamorata di queste figure di Sante che illuminarono le tenebre medioevali e con il suo accento toscano iniziò: « Sì, Roma attraversava una crisi politica, sociale, però soprattutto era una crisi morale e religiosa. Anzi per le coscienze più sensibili il vero problema di Roma era proprio il suo declino spirituale. Ed è intorno alla metà del secolo, del ‘300, che a Roma arriva dalla Svezia questa principessa del Nord, la Sibilla nordica, Brigida, che viene da una famiglia imparentata con la famiglia reale, e viene a Roma su comando di Cristo. Ha una visione, Cristo le dice: “Vai a Roma, dove le strade sono lastricate del sangue dei martiri”, perché Roma è la Città Santa. E tramite gli scritti di Brigida abbiamo il quadro di una Roma allucinata e deserta, una Roma dove gli altari sono vuoti e i vasi sono venduti e dagli altari non sale più l’incenso, il “soavissimo odore manca”, perché i preti non fanno più il loro dovere, perché i monaci e i frati sono corrotti, e perché il Papa non c’è. E quando un fulmine cade sul campanile della Basilica di San Pietro, che era il vecchio San Pietro, “…e tutto lo cucurullo arse” dice l’Anonimo Romano, Brigida lo legge come un segno apocalittico e dice “Dio è morto e il signor Papa se n’è andato”. Cioè lei legge nella vacatio della sede apostolica un fatto gravissimo. Perché si diceva: Roma è fatta dal Papa, Ubi Roma ibi Papa. Brigida dice no, è Roma che fa la santità del Papa, perché è la santità di questa città, di questa città dei martiri, degli apostoli, dei confessori, che rende santa la carica. Quindi il Papa deve tornare a Roma, e soltanto se il Papa riempie questo trono vuoto ci può essere una speranza per l’Europa.»
Certo a riascoltare oggi queste parole, che poi erano le parole di queste mistiche medioevali, un brivido freddo corre lungo la schiena. Perché oggi, e non solo 600 anni fa, la Chiesa è corrotta, il Papa se ne è andato e dulcis in fundo un fulmine è caduto, a poche ore dall’annuncio dell’abdicazione di Benedetto XVI, sulla cupola di San Pietro, quella di Michelangelo questa volta. Un’attualità sconcertante su cui riflettere.
Le abbiamo chiesto, di fronte a tanti mali della Chiesa, Brigida che ha fatto? «Lei rimane lì, in attesa che il Papa torni, per tenere occupato quel posto. Quasi una funzione di supplenza che questa donna svolge, e che svolgono anche altre donne, nel senso che Roma diventa la meta anche per molte altre figure femminili importanti, come per esempio la grande Dorotea di Montau, che viene dalle nebbie del Baltico, oppure una strana figura, una mistica inglese Margery Kempe, l’amica di Giuliana di Norwich, e poi soprattutto quella grandissima donna che è S.Caterina da Siena.»
In questo contesto in cui delle donne sentono la responsabilità in prima persona di essere faro per la Chiesa, per la Storia dell’Europa, nasce la nostra Francesca Romana, generazione subito successiva, che continua questa missione. Perché nel frattempo il Papa è tornato da Avignone ma siccome i mali erano rimasti comunque irrisolti, i cardinali iniziarono ad eleggere più Papi insieme. E’ la crisi che prenderà il nome di Scisma d’Occidente. Crisi epocale, si dice la più grande che abbia mai attraversato la Chiesa Cattolica (o almeno si diceva prima di quest’ultimi tempi..). Lutero è ancora lontano, tutta l’Europa è cattolica, tutta l’Europa segue il Papa, e quindi l’Europa si divide in chi segue un Papa e chi un altro. Tutti legittimamente eletti, quindi tutti hanno ragione, quindi scoppiano guerre ovunque, perché si sa non c’è nulla di più violento che avere ragione. Le guerre portano carestie, fame e soprattutto pestilenze. E qui spicca Francesca Bussa, che voleva diventare monaca sin da bambina, come ci ha raccontato p.Roberto Nardin, monaco Olivetano, che abbiamo incontrato nella splendida cornice del monastero appunto di monte Oliveto: «Francesca all’età di 12 anni diventa sposa, entra nella famiglia Ponziani. Ma c’è un episodio molto significativo della sua vita, perché quando si sposa cade in una malattia gravissima, e la famiglia preoccupata giustamente per le sorti di questa, possiamo dire bambina, cerca di industriarsi con delle fattucchiere per cercare di guarirla, ma Francesca le scaccia in modo risoluto. Ma la cosa importante è che una notte ebbe una visione in cui gli viene chiesto “Vuoi guarire?”. Il biografo (confessore, era un monaco olivetano) annota la risposta: “Voglio solo ciò che piace al Signore”. In questa frase c’è la santità di Santa Francesca Romana, ma possiamo dire la santità di tutti i cristiani: non fare cose straordinarie, fossero anche le più importanti, ma è “voglio ciò che piace al Signore».
Quando ormai è data per spacciata, Francesca improvvisamente guarisce. Lei parla di un miracolo, di un’apparizione, fatto sta che da quel momento la sua vita cambia totalmente perché accetta qualunque evento le accada come volontà di Dio. Questa è la chiave della sua vita. Offrire a Dio il quotidiano che ha di fronte, volgendo ogni cosa a Sua lode. E così lei è la nobile signora Ponziani che dona tutto ai poveri, è la moglie fedele che è disposta ad uscire di notte da sola per soccorrere chi ha bisogno.
Soprattutto compie una serie senza fine di miracoli: resuscita bambini morti, unisce membra tagliate da colpi di spada, guarisce piaghe incancrenite. Per anni sta negli ospedali della città, dandosi a tutti con tutte le forze. Nel periodo di maggior difficoltà per Roma durante un’epidemia di peste, il marito e il primogenito prigionieri a Napoli, apre le porte del palazzo e ne fa un ospedale. Ma non è solo gloria. I due figli più piccoli muoiono di peste. Nel palazzo si iniziano a vedere anche presenze demoniache che la perseguitano. Ma lei prosegue e si fa beffe del demonio. Fino all’ultima grandissima opera che compie: fonda un Monastero di Oblate a Tor de’ Specchi. Un monastero di tipo nuovo come ci spiega la professoressa Bartolomei: «Ha fondato questa casa di Tor de’ Specchi, una casa di Oblate ai piedi del Campidoglio, dove lei ha ideato un tipo di vita religiosa in comune per le donne non claustrale, cioè una vita non di clausura e questo non era consentito, nel senso che la vita comune delle donne doveva essere vincolata alla clausura. Così aveva stabilito nel 1298 Papa Bonifacio VIII con una Bolla famosa, “Cum pericolosum sit mulieribus solitudo” la solitudine è pericolosa per le donne, quindi non ci può essere vita religiosa femminile in comune al di fuori della clausura. A Tor de’ Specchi si realizza questa situazione particolare per cui da un lato si rimane profondamente legati ai valori della tradizione monastica, perché per Francesca è il vertice della vita religiosa, però una vita non rinchiusa, cioè un monastero che si chiamerebbe un monastero aperto. Quindi una terza via, una via nuova».
All’indomani della sua morte tutta la città chiese a gran voce che fosse proclamata Santa. Si dovette perfino nascondere il corpo per paura che si continuasse a portarne via pezzi come reliquie, perché i miracoli, le guarigioni continuarono anche dopo la morte. Soltanto duecento anni dopo fu rinvenuta la salma, ma ormai “l’età matristica” della Chiesa era passata, come ci dice la Bartolomei: «Non durò, perché poi venne il Concilio di Trento: la religione dei padri vincerà sulla religione delle madri, come è stato detto in maniera molto suggestiva, e la mistica si chiude nei monasteri, si chiude nei conventi, non è più una parola pubblica. Continuerà il profetismo, ma sarà un profetismo sotterraneo. Se noi vediamo l’immagine stessa di Francesca negli affreschi di Tor de’ Specchi è una donna giovane che con le sue amiche, con le sue figlie spirituali, le Oblate, va in giro negli spazi aperti, per le strade della città, sopra i ponti a raccattare i poveri. Ecco, nell’immagine post tridentina, abbiamo invece una matrona romana, sola, una contemplante, accompagnata dall’angelo, tutta assorta e rapita nell’estasi. Quindi, sì, un’immagine bellissima, però profondamente diversa. Perché è un passaggio di civiltà in realtà, cioè è un mondo che è profondamente cambiato. E quindi la mistica femminile, diventa una religio silenti. Abbiamo ancora queste grandissime mistiche come la Maria Maddalena de’ Pazzi, oppure la Veronica Giuliani, ma sarà una mistica delle tenebre del nulla, non è questa mistica aperta, che è la mistica di Brigida, la mistica di Caterina, di Santa Francesca Romana, che è una mistica bruciante, presente, aperta.»
Infine dobbiamo rendere un grazie speciale a mons. Antonio Interguglielmi. Il suo stimolo e il suo sostegno sono stati fondamentali.
Fabio Carini e Daniela Gurrieri
Post scriptum:
è il 13 marzo, con immensa gioia abbiamo il nuovo Vescovo di Roma. Ringraziamo Dio per l’Amore che mostra verso la Sua Chiesa e preghiamoLo che benedica Francesco e tutti noi.
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